Uomo del mio tempo
UOMO DEL MIO TEMPO
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
L’insostenibile immutabilità della natura umana.
Una natura perfida fatta di istinti, di pulsioni, di sentimenti e di egoismo.
A cosa serve il progresso della scienza e della tecnica se ancora, come milioni di anni fa, l’uomo continua ad uccidere indisturbatamente?
Gli ultimi fatti lo confermano.
Il tema di questa poesia di Salvatore Quasimodo è l’immutabilità della natura umana, rimasta uguale a quella dell’uomo «della pietra e della fionda».
Quasimodo traccia una visione disperata della natura umana fatta di istinti, di pulsioni e di egoismo, che è rimasta uguale dall’apparizione dell’uomo sulla Terra fino a oggi, anche se la scienza ha fatto passi da giganti.
La scienza e la tecnologia che l’uomo ha sviluppato non ha modificato questa inclinazione ma anzi ha generato solo armi più potenti per opprimere il prossimo.
La civiltà ha solo mutato le condizioni di guerra: dalla fionda si è passati ai carri armati, e agli aerei che seminano la morte. Niente è cambiato dalla notte dei tempi: homo homini lupus.
L’uomo di oggi è rimasto uguale a Caino che, attratto il fratello in un campo, lo ha ucciso.
L’unica speranza è che i giovani rinneghino la guerra e non continuino sulla strada di chi li ha preceduti e ha reso la Terra un luogo di assassinii e di nefandezze
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