Amore e Psiche, la favola che fa sognare ancora
Metafora della lotta eterna tra cuore e ragione, Amore e Psiche è la favola più bella di tutti i tempi.
Raccontata dallo scrittore latino Apuleio nel II secolo d.C. nelle sue Metamorfosi Amore e Psiche è una delle poche storie del mito greco ad avere un lieto fine.
Psiche, dal greco anima, figlia di un re e una regina, era la più giovane di tre sorelle e la sua bellezza era così grande da suscitare l’invidia della dea Venere che accecata dall’odio e dalla gelosia chiese aiuto a suo figlio Amore affinché Psiche si innamorasse di un uomo brutto e di umili condizioni.
Il dio Amore (Cupido) accettò di lanciare la freccia ma la freccia colpì il suo tallone al punto che ad innamorarsi di Psiche fu Amore stesso.
Per vivere il suo amore mortale Amore portò Psiche nel suo Palazzo senza rivelarle la sua identità.
Ogni sera, al calar del sole, Amore andava dalla fanciulla e, senza mai mostrarle il suo volto, i due vivevano intensi momenti di passione. Anche Psiche si era innamorata di questo giovane misterioso e in virtù dell’amore che provava aveva accettato di non scoprirne mai il volto.
La curiosità è però donna, si sa! Così una notte, mentre Amore dormiva Psiche si avvicinò al suo volto con una lampada e rimase folgorata dalla bellezza del suo amante. Mentre ammirava il profilo di Amore una goccia di olio della lampada cadde accidentalmente sul giovane che, risvegliatosi scappò via abbandonando la fanciulla.
Psiche cadde preda della disperazione e iniziò a vagare per tutto il mondo alla ricerca del suo amato. Fu così che arrivò al palazzo di Venere per chiederle aiuto. La bellissima dea sottopose la fanciulla a quattro prove impossibili da superare, ma che lei affrontò con successo grazie all’aiuto di esseri divini.
La prima prova consisteva nel dividere un enorme mucchio di semi in vari gruppi a seconda del tipo dei semi, il tutto prima che Venere tornasse da una festa. Fu una formica che, avendo pietà di lei, andò a chiamare le sue compagne e in men che non si dica riuscirono a dividere tutti i semi per gruppi omogenei.
La seconda prova prevedeva di prelevare e portare a Venere la lana di alcune pecore dal vello d’oro. Ma mentre Psiche correva verso le pecorelle per portare a termine la sua missione, una canna la fermò svelandole che, in realtà, quegli ovini erano belve feroci che avrebbero dilaniato il suo corpo, e le consigliò di aspettare la sera e di scuotere i cespugli tra cui pascolavano, per prendere la lana che vi era rimasta impigliata. Psiche riuscì così a superare anche questa prova.
La terza prova consisteva nello scalare le ripidissime pareti di un monte e riempire un’ampolla con l’acqua di una fonte sacra. In questo caso fu un’aquila reale ad aiutarla: le strappò l’ampolla dalle mani e gliela riportò dopo averla riempita con l’acqua sacra.
Per superare la quarta prova venne aiutata dai consigli di una torre parlante: la fanciulla doveva andare negli Inferi e chiedere a Proserpina di mettere in un vaso un po’ della sua bellezza. Attraverso una serie di peripezie Psiche riuscì a raggiungere anche in questo caso il suo obiettivo.
Dopo aver superato tutte e quattro le prove, Psiche si vide esausta e sciupata, la sua bellezza non era più la stessa. E fu a quel punto che decise di aprire il vaso per tornare ad essere bella come sempre, benché le fosse stato detto di non aprirlo per nessun motivo, pena la morte. La fanciulla aprì dunque il vaso, ma all’interno non trovò altro che un sonno profondo che la fece addormentare all’istante.
Intanto, Amore, anch’egli preso dalla nostalgia per la propria amata, iniziò a cercarla dappertutto, finché non la scorse adagiata a terra, da dove la sollevò, rinchiudendo il sonno nel vaso e la svegliò pungendola con una delle sue frecce. A quel punto decise di portarla sull‘Olimpo per chiedere a Zeus di farla diventare immortale. Il dio di tutti gli dei accettò e le fece bere un bicchiere di ambrosia. Raggiunta l’immortalità Psiche divenne la moglie di Amore, dal quale ebbe una figlia che chiamarono Voluttà, ovvero Piacere.
Qual è dunque il suo significato allegorico di questo racconto?
La favola rappresenta il destino dell’anima (si ricordi che psiche in greco vuol dire “anima”) che per aver commesso peccato di hybris (tracotanza, superbia), tentando di penetrare un mistero che non le era consentito svelare, deve scontare la sua colpa con umiliazioni e affanni d’ogni genere prima di rendersi degna di ricongiungersi col dio e dall’unione dell’anima e dell’amore nasce il piacere.
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