Si è più felici dell’infelicità altrui che della propria felicità?

La felicità è uno degli stati emotivi più ricercati dall’essere umano, un obiettivo che ci guida nelle scelte e nelle azioni quotidiane. Tuttavia, quando si scava più a fondo nelle dinamiche sociali e psicologiche, emerge un lato meno edificante dell’animo umano: la propensione a trarre una sorta di piacere dall’infelicità altrui. Ma è davvero così? E perché accade?
Il fenomeno della Schadenfreude
Il termine tedesco Schadenfreude descrive proprio questa sensazione: la gioia derivante dalle disgrazie altrui. Non si tratta necessariamente di un sentimento deliberato o malevolo, ma di una reazione emotiva complessa che può affiorare in diversi contesti. Per esempio, potremmo provare un sottile piacere nel vedere il nostro rivale in ufficio commettere un errore o nel notare che qualcuno più fortunato di noi subisce una battuta d’arresto.
La Schadenfreude è spesso legata a dinamiche di confronto sociale. Quando vediamo qualcuno in una posizione di superiorità, la sua caduta può offrire una sensazione di equilibrio o persino di riscatto personale. Questo accade perché il confronto è una parte intrinseca della natura umana: ci valutiamo costantemente rispetto agli altri per definire il nostro valore.
Felicità propria vs. infelicità altrui
Un aspetto cruciale è comprendere se il piacere derivante dall’infelicità altrui sia più forte o più duraturo rispetto alla felicità autentica. La felicità che proviamo per un nostro successo è spesso accompagnata da una sensazione di pienezza e appagamento, ma richiede tempo, impegno e talvolta anche fortuna per essere raggiunta. Al contrario, il piacere legato all’infelicità altrui è immediato, anche se meno profondo e più effimero.
Questo ci porta a riflettere su una verità scomoda: è più facile trarre piacere dal confronto negativo che costruire una propria felicità. La prima strada richiede solo di osservare, mentre la seconda implica uno sforzo attivo per migliorarsi e perseguire ciò che ci rende davvero felici.
Le radici psicologiche
Le ragioni di questo fenomeno risiedono nelle dinamiche psicologiche e culturali. La competizione è un tratto universale, un meccanismo evolutivo che ci ha aiutato a sopravvivere. Tuttavia, nella società moderna, dove il successo è spesso associato al confronto con gli altri, questo tratto può trasformarsi in una fonte di emozioni tossiche.
Inoltre, viviamo in un mondo sempre più dominato dai social media, dove le vite altrui sono costantemente in mostra. La visibilità delle gioie e dei successi degli altri può amplificare il nostro senso di inadeguatezza, spingendoci a provare una sottile soddisfazione quando la perfezione che osserviamo si incrina.
Nei piccoli centri: un fenomeno più sentito
Questo fenomeno sembra essere particolarmente evidente nei piccoli centri, dove le dinamiche sociali sono più ristrette e intense. In comunità di dimensioni ridotte, la vita privata di ciascuno diventa spesso oggetto di discussione collettiva, e il confronto sociale è amplificato dalla vicinanza tra le persone. Le relazioni interpersonali più strette, unite a una certa staticità economica e sociale, possono alimentare sentimenti di invidia o rivalità.
In queste realtà, il successo altrui è più visibile e può essere percepito come una minaccia al proprio status. Al contrario, l’infelicità di un vicino o di un conoscente può offrire un momentaneo senso di superiorità o rassicurazione, rafforzando l’idea che la propria posizione sia comunque più vantaggiosa. Questo meccanismo è ulteriormente accentuato dalla mancanza di anonimato: ogni errore o difficoltà diventa un fatto pubblico, alimentando il circolo vizioso della Schadenfreude.
Come rompere questo circolo vizioso
Per contrastare la tendenza a essere più felici dell’infelicità altrui che della propria felicità, è necessario un cambiamento di prospettiva:
Coltivare la gratitudine:
Prendere consapevolezza delle cose positive nella nostra vita: ci aiuta a concentrarci sulla nostra felicità invece di invidiare o giudicare gli altri.
Evitare il confronto continuo: ogni persona ha il proprio percorso, e confrontarsi costantemente con gli altri non fa che alimentare insicurezze.
Sviluppare empatia: imparare a mettersi nei panni degli altri può ridurre la Schadenfreude e aumentare la capacità di gioire sinceramente per il loro successo.
Riflettere sui propri valori: chiedersi cosa ci rende veramente felici e lavorare per raggiungerlo è una via più soddisfacente e autentica.
Essere felici dell’infelicità altrui è un comportamento che, sebbene comprensibile, è destinato a lasciare un vuoto. La vera felicità nasce dalla consapevolezza di chi siamo e dalla capacità di costruire una vita in linea con i nostri desideri e valori. Solo così possiamo liberarci dalla trappola del confronto e trovare una gioia che non dipende dalle disgrazie altrui.

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